Aiuto! Sono dipendente da serie TV!?
Games of Thrones, The Big Bang Theory, Grey's Anatomy, Glee, Dawson’s Creek, The Walking Dead, 13 e Stranger Things, sono solo alcune delle serie tv che ci hanno inchiodato al divano, che hanno invaso la nostra quotidianità ed hanno insinuato in noi il dubbio:
aiuto!... sono dipendente dalle serie TV?
Possiamo dircelo sinceramente: non sono tutti capolavori artistici, carichi di contenuti ed originalità, eppure non possiamo fare a meno di guardarli, di imbrutirci sul divano pigiando energicamente il tasto della nostra smart tv e connettendoci direttamente a Netflix.
Questo fenomeno è molto più diffuso di quello che immaginiamo e sono sufficientemente certa che in questo momento, care lettrici, molte di voi staranno passando mentalmente in rassegna tutte le puntate lasciate in sospeso sul canale Netflix.
Ma di cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando del “binge watching”, dipendenza da serie tv, che non è stata ancora inserita nei manuali ufficiali delle psicopatologie, ma che possiamo tranquillamente collocare nel cluster delle dipendenze comportamentali, dette anche nuove dipendenze
(da internet, da smartphone, da videogiochi, da shopping), che hanno le stesse dinamiche, funzionamento e sintomatologia delle dipendenze classiche (droga, alcol, fumo).
La parola “binge”, letteralmente “baldoria”, indica che la persona si abbandona ad un consumo smodato dell’oggetto, sostanza o comportamento, e nel caso delle serie Tv, la persona, passando molto tempo davanti ad uno schermo, toglie spazio ad altre attività, ostacolando la produttività in altre aree importanti della vita lavorativa e relazionale e subendo degli effetti psicofisiologici, quali:
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Deficit attentivi
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Aumento di peso
Quali sono i motivi che spingono le persone a mettere in atto questi determinati comportamenti?
Come per tutte le dipendenze, anche in questo caso, la partita si gioca sul piano delle emozioni.
Molti studi hanno dimostrato che la visione compulsiva di episodi TV può costituirsi come una strategia di regolazione emozionale.
Provare emozioni, esprimerle, descriverle e farle fluire naturalmente, non è cosa semplice e non tutti immaginano di poterlo fare, per cui spesso ci si trova ad utilizzare l’oggetto o il comportamento di dipendenza, come tramite e mezzo per provare nuove emozioni o per gestire quelle che consideriamo più complesse e complicate.
Chi soffre di dipendenza da serie TV può sprofondare in un vero e proprio stato di “trance”, bloccando le emozioni negative e trovando una via di fuga dai problemi della vita quotidiana immedesimandosi nei personaggi delle sue serie preferite: può sentirsi Sheldon , intelligentissimo studente di fisica, abitudinario e rigido che riesce ad avere ottimi amici e persino successo con le ragazze, oppure può immedesimarsi in Khaleesi la Madre dei draghi che supera la sua iniziale fragilità trasformandosi in una regina forte, risoluta e spietata.
Quando possiamo dire di essere dipendenti?
Si ha un problema quando il desiderio di avere o essere qualcosa che esiste solo in video interferisce con il nostro pensiero e comportamento reale.
Quando pensiamo di poter ottenere piacere e gratificazione solo desiderando qualcosa che in realtà non esiste, esponendoci a pericoli e/o frustrazioni.
Quando il piacere dell’immaginare di avere qualcosa di bello diventa il dolore di non poterlo avere davvero.
“Come nelle dipendenze da sostanze, il fruitore compulsivo di serie può ricercare di produrre nuovamente la sensazione positiva sperimentata durante la visione e può fantasticare durante il giorno sul momento in cui potrà nuovamente dedicarsi al suo programma, cominciando a notare delle ripercussioni sulla propria vita psichica personale e interpersonale nel corso del tempo (Page et al., 1996; Kremar et al., 2010)”
Cosa fare?
Farsi accompagnare in un percorso di psicoterapia è una scelta efficace per comprendere le difficoltà di regolazione emotiva che sono alla base di ogni tipo di dipendenza.
È certamente Netflix la sostanza stupefacente più a portata di mano e più comune del nostro millennio, tuttavia l’obiettivo di ogni buona terapia, dovrebbe essere quello di far capire al paziente che la propria vita può essere interessante, anche fuori dallo schermo, perché come diceva il maestro Erving Polster(1988) :
“ogni vita merita un romanzo”
Bibliografia
Ogni Vita Merita Un Romanzo, di Erving Polster (1988)
L'integrazione pluralistica nelle tossicodipendenze. Percorsi formativi e terapeutici di C. Montanari e Carmela Longo (2005)