Dalla contestazione a "fare" la terapeuta: una scelta consapevole
Quando tutto iniziò
Sono sempre stata curiosa e profondamente interessata alle persone; alle potenzialità e anche ai profondi disagi che spesso caratterizzano la vita degli esseri umani.
Mi sono iscritta alla facoltà di Psicologia, immaginando e pensando che in qualche modo avrei trovato risposte alle mie domande.
Alcune risposte le ho trovate e forse, cosa più importante:
" ho trovato anche nuove domande e sempre più complesse riflessioni sugli uomini e le donne, le loro relazioni, il loro vivere nel mondo."
La mia “carriera” universitaria è stata caratterizzata da molte esperienze, sia didattiche sia umane, che oltre a formarmi su un piano culturale, mi hanno indotto a “guardarmi dentro” e ad iniziare un cammino introspettivo che dura ancora e penso durerà per sempre.
Sono stati anni di lotte per il diritto allo studio, contestazioni e relazioni umane cariche di stimoli e condivisione.
La contestazione
Sono venuta a contatto con i vari modelli psicologici e ho provato un senso di disagio nel momento in cui mi è stato chiesto di aderire esclusivamente a uno o all’altro, in quanto ho sentito che tutto ciò avrebbe interferito con la mia idea di persona, secondo la quale
ogni individuo è un essere unico ed irripetibile.
Come può, quindi, un unico approccio teorico cogliere in toto le esigenze di ogni persona?
Coglierne le sfumature? Non lasciare un senso di insoddisfazione e incompletezza?
Aderire ad un’unica scuola di pensiero avrebbe significato entrare in contrasto con il mio modello interno. Ho completato i miei studi di psicologia, ho iniziato a lavorare come educatrice e poi psicologa, credendo fermamente nell’idea che non mi sarei iscritta a nessuna scuola di Psicoterapia.
Un incontro decisivo
Durante il mio lavoro presso una cooperativa sociale, ho “incontrato” la Psicologia di Comunità e il suo principio cardine basato sull’idea di persona dotata di punti di forza e risorse, oltre che di punti di debolezza e inserita all’interno di contesti sociali come il gruppo, la comunità e le organizzazioni, rispetto ai quali instaura rapporti di reciproca interazione e condizionamento.
Mi sono iscritta così al Master Biennale di Psicologia di Comunità e dei Processi Formativi, conseguendo il titolo di Psicologa di Comunità.
" Per la prima volta ho trovato terreno fertile per le mie idee: studi e ricerche dimostrano quanto ogni individuo sia agente attivo delle proprie azioni e delle potenzialità insite nella natura di ognuno."
La fiducia verso la persona
Rogers (1986) afferma che la pratica, la teoria e le ricerche mostrano che l’approccio centrato sulla persona è costruito su una fiducia di base nella persona, in quella che definisce, tendenza all’attualizzazione, presente in ciascun organismo vivente; tendenza a crescere, a svilupparsi, a realizzare in pieno il proprio potenziale.
Questa maniera di essere ha fiducia nel flusso costruttivo dell’essere umano verso uno sviluppo più complesso e più completo.
" Questo è il flusso direzionale che noi terapeuti cerchiamo di liberare."
Successivi studi hanno confermato tale ipotesi. Lo studio di Bower e Bozarth (1988a) per esempio ha rilevato che i terapeuti centrati sulla persona vengono percepiti come individui che non interferiscono, che entrano nel mondo dell’altro in modo da “scomparire” all’interno del processo di crescita del cliente.
Anche io alla fine mi sono iscritta alla scuola di specializzazione
Una scuola integrata nella quale ho trovato senso di appartenenza e identificazione.
« L’obiettivo che ci prefiggiamo di raggiungere è l’acquisizione di competenze integrate all’interno di un metamodello, di una cornice di riferimento concettuale che ha inizialmente compiuto una sintesi senza precedenti: quella tra psicoterapia centrata sulla persona e la psicoterapia della Gestalt, ed in seguito ha compiuto le altre integrazioni.» Edoardo Giusti, (2002).
Oggi sono una psicoterapeuta: ecco come lavoro
Nella mia pratica clinica mi capita spesso di lavorare con persone che, in modi e circostanze differenti, “contestano”ed hanno atteggiamenti fortemente oppositivi.
Quando questo accade, attingo alla mia esperienza personale che mi permette di entrare in contatto in modo empatico con loro. In questi casi la fase di accoglienza, necessaria per la creazione dell’’alleanza terapeutica, ha bisogno di tempi molto più lunghi e di un atteggiamento di accettazione incondizionata.
" Quando il cliente si sente accolto riesce con maggiore facilità a condividere vissuti, ansie e paure che lo travolgono e che lo imprigionano in comportamenti oppositivi/difensivi che bloccano la naturale evoluzione personale."
Bibliografia
Giusti E. (2002a) Rivista integrazione nelle Psicoterapie e nel Counseling, N° 11-12, Ottobre 2002, Edizioni Scientifiche ASPIC, Roma.
Rogers C.R. (1986) A client- centered/ person- centered approach to therapy. In Kutash I. Wolfe A. (eds) Psychoterapists’ Casebook, Josey-Bass